La Gen Z è la generazione dei nati tra il 1995 e il 2010. Sono i nativi digitali, quelli che dicono ok boomer ai propri genitori e preferiscono TikTok alla TV. I giovani di oggi, insomma.
Di Gen Z si sente parlare sempre più spesso e sempre in relazione a tematiche complesse, in grado di dividere l’opinione pubblica. Determinati a scardinare gli stereotipi di genere, a battersi per un mondo più sostenibile e disposti a parlare apertamente della loro salute mentale, sfatando qualsiasi tabù.
Sono proprio loro i protagonisti del “movimento” - se così lo si può chiamare - YOLO. Accomunati da una sensibilità comune che li porta verso una nuova tendenza: quella di voler essere felici a tutti i costi, in nome di una vita che si vive, appunto, una sola volta.
Io non voglio correre. Voglio semplicemente vivere la mia vita lentamente […] godermi il resto della mia esistenza leggendo libri, creando arte e amando me stessa e le persone nella mia vita.
TikTok user
Fenomenologia della YOLO Economy
Il mondo del lavoro cambia di continuo. Tendenze più o meno passeggere influenzano - e sono a loro volta influenzate - dai cambiamenti che attraversano la società. Una delle più recenti novità è l’avvento della YOLO Economy, che Randstad, all’interno del suo WorkMonitor annuale, ha riassunto in una manciata di dati: il 56% degli intervistati, appartenente alla Gen Z (18-24 anni) o Millennials (25-35 anni), si dice pronto a lasciare il lavoro qualora quest’ultimo gli impedisse di «godersi la vita», contro il 38% degli intervistati tra i 55-67 anni.
In questo contesto, i valori di riferimento della Gen Z giocano sicuramente un ruolo fondamentale. Di fatto, le generazioni si differenziano le une dalle altre proprio per il sistema valoriale in cui credono, plasmato dagli eventi storici vissuti. Pandemia. Incertezza. Depressione. Sono le parole chiave che giustificano la filosofia della YOLO Generation, come è stata ribattezzata dal New York Times. Chi appartiene a questa generazione, infatti, è entrato nel mondo del lavoro confrontandosi con un’economia totalmente condizionata dall’emergenza sanitaria. Insomma, si tratta di una generazione che sceglie di inseguire la propria soddisfazione personale e di dare valore al proprio benessere psicologico, fisico e mentale. Se giudicare la scelta di una vita lenta, lontana dai ritmi frenetici imposti dalla società, per inseguire un concetto più o meno astratto di felicità, può venire naturale, ricordiamoci che i giovani di oggi sono costretti a confrontarsi con un mondo totalmente diverso (e molto più ostile) rispetto a quello di cui hanno fatto esperienza i loro genitori.
In fondo, basta aprire TikTok, i cui trend forniscono un fedele spaccato di cosa sta accadendo nel mondo, per capire che le nuove generazioni non sognano più soltanto la carriera. “I don’t dream of labor” (cioè “non sogno di lavorare”) recita uno dei tanti audio che fanno da base ai video ironici (ma neanche troppo) che circolano sulla piattaforma.
La Gen Z e i nuovi lavori, quelli che non puoi spiegare a tua nonna
Se in passato il progetto di lasciare il leggendario posto fisso era prerogativa di pochi e folli soggetti - o un lusso che solo i benestanti potevano permettersi - ora si parla di un fenomeno molto più democratico.
La Gen Z non ha paura di niente, o meglio, di nient’altro se non l’insoddisfazione e l’infelicità. Voltando le spalle alla work culture, i ventenni di oggi non sognano la carriera. Piuttosto, i tipi di occupazione a cui ambiscono sono i più disparati e meno tradizionali possibili.
C’è chi aspira a fare l’influencer e chi tenta la via del content creator facendo della sua passione un lavoro a tempo pieno. Per la Gen Z il lavoro non ha più limiti: streammare su Twitch o iscriversi a Only Fans diventano strade percorribili (e del tutto rispettabili). Via i tabù e i pregiudizi: lo scopo è essere felici e avere tempo per dedicarsi alle proprie attività preferite. I più intraprendenti e ambiziosi si lanciano nell’apertura di piccoli business, diventando imprenditori di sé stessi e scardinando i preconcetti per cui l’università sia l’unico modo per potersi costruire una carriera. Lo stesso discorso vale per i sempre più chiacchierati nomadi digitali. Infondo, perché limitarsi al classico ufficio, quando tramite un semplice laptop è possibile lavorare dall’altra parte del mondo?
Insomma, il lavoro tradizionale passa in secondo piano: la Gen Z sta ridisegnano una nuova piramide di Maslow, in cui il bisogno primario non si soddisfa col denaro, né tantomeno con lo spirito del sacrificio.
Oltre gli scetticismi e i giudizi dei più, la Gen Z si sta dimostrando fautrice di importanti rivoluzioni sociali, YOLO Economy compresa. Carriera, ambizione e lavoro: un mantra incontestabile. O almeno, fino ad ora. La YOLO Generation ha avuto il coraggio di metterli in discussione per imporre nuove e personalissime priorità.
Quello a cui stiamo assistendo è un cambiamento culturale a tutto tondo, di cui forse il sistema non si è ancora accorto. Se questa tendenza comporterà trasformazioni più o meno radicali nel mondo del lavoro e nel suo funzionamento non lo sappiamo ancora.
Quel che è certo è che, ribelle e indomita, questa generazione si è fatta portatrice di messaggi importanti, mettendo sotto i riflettori il tema della salute mentale e della felicità, di gran lunga più importanti di un CV da manuale.