Immagina di poter vivere della tua passione: niente ufficio per otto ore al giorno, niente capi né performance review, solo il tuo hobby, internet e migliaia di follower che contribuiscono a fornirti un reddito mensile.
È ciò che accade ai cosiddetti creator che, badare bene, non sono semplici influencer ma sono coloro che creano, dando forma ai contenuti multimediali di cui tutti fruiamo, ogni giorno.
Insomma, l’epoca del “trovati un lavoro normale, sistemati e metti su famiglia”, è finita. Prepariamoci ad accogliere quella in cui chiunque abbia qualcosa da dire, può semplicemente guadagnarsi da vivere creando contenuti.
Il punto non ha più a che vedere con l’essere disposti a pagare, ma con la presenza di contenuti per cui valga la pena di pagare.
Francesco Costa, giornalista, saggista, blogger e content creator
Tutto è content: dal ’96 al Web 3.0, con furore
“Content is the king”, sosteneva Bill Gates. Ed era solo il 1996, quando ancora il Web era 1.0 e internet era fatto per gli utenti e non dagli utenti. Con il tempo questa espressione è diventata una specie di mantra in grado di descrivere il processo di trasformazione del web e, neanche a dirlo, delle nostre vite.
Se con il Web 1.0 gli utenti hanno conquistato la possibilità di accedere al magico mondo di internet fruendo di ciò che veniva loro fornito in modo totalmente passivo, con il finire degli anni ’90 ha iniziato a prendere forma una nuova idea di rete: il Web 2.0. E così, ognuno poteva accedere a siti, creare le prime community sui forum e usare i primi social network, contribuendo seppur in minima parte a modificare e indirizzare la narrazione e la diffusione dei contenuti. Il Web 2.0 ha aperto le porte alla diffusione di UGC (user generated content) dando maggiore importanza all’utente che è diventato sempre più protagonista, e meno spettatore.
Internet come lo conosciamo oggi, però, sta cambiando. La digital transformation è in atto e il futuro è 3.0. Grazie a un processo di decentralizzazione, quindi, l’utente non avrà solo il ruolo di protagonista ma avrà sempre più il controllo. Controllo su dati, informazioni, processi e creazione di contenuti.
“Content is the king”, quindi, è l’assioma a fondamento di una teoria che ha quasi trent’anni, eppure non è mai stato così attuale.
Cos’è il content, chi sono i content creator e perché potresti esserlo anche tu
Noi non lo sappiamo, eppure il content è il nostro pane quotidiano.
6 ore e 58 minuti al giorno trascorsi utilizzando internet
1 ora e 33 minuti al giorno trascorsi ad ascoltare musica in streaming
55 minuti ad ascoltare podcast
2 ore dedicate ogni giorno alla lettura di articoli e notizie*
*fonte: We are social report global 2022
Foto, video, articoli, dirette, newsletter e podcast: il content è multiforma, il content è multipiattaforma. “Contenuto” è tutto ciò che è in grado di intrattenere, ispirare, informare gli utenti e connetterli l’un l’altro. Ciò che è davvero rivoluzionario è che il content è creato dagli utenti per gli utenti. Con il Web 3.0 chiunque abbia una passione, una connessione internet e un pizzico di creatività può diventare content creator.
Ad oggi, le persone che riescono a guadagnare creando contenuti sono circa 50 milioni a livello mondiale, di cui 2 milioni definibili professionisti. Solo in Italia ne contiamo 35mila: i content creator sono i protagonisti dell’economia della monetizzazione individuale e stanno ponendo le basi di quello che è il lavoro del momento e forse, anche quello del futuro. Perché sì, di lavoro si tratta: i creator guadagnano dalla produzione di contenuti e le piattaforme – social e non – si stanno adattando.
YouTube, Twitch, e persino gli amati Instagram e TikTok: tutti si stanno evolvendo e attrezzando per poter offrire la possibilità agli utenti di effettuare donazioni ai creator in cambio di contenuti esclusivi. La direzione, quindi, è chiara. la nuova economia della monetizzazione individuale gravita attorno alla possibilità di offrire tre tipi di contenuti: free e paid e freemium (una sorta di modalità mista).
In un contesto sempre più affollato di contenuti di ogni genere e tipo, in cui ipoteticamente ognuno può trasformare la propria passione e i propri hobby in una fonte di guadagno, siamo davvero sicuri che ognuno possa ricavarsi la propria “bolla” di ascoltatori?
Se, da una parte, il fascino della Creator Economy è la sua capacità di essere democratica dando valore all’individualità, dall’altra, è proprio la democratizzazione il suo punto debole. Un futuro in cui tutti guadagneremo dalla produzione di contenuti è irrealizzabile se non distopico.
Certo, la prospettiva di sottrarsi a un lavoro tradizionale è allettante: i content creator vivono spesso dell’esaltazione della loro persona, mettendola al centro della loro occupazione. Ed è proprio questo il punto perché forse, senza saperlo, siamo già in quel futuro in cui “ognuno sarà famoso per 15 minuti”.