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I social network hanno fortemente cambiato il modo di concepire l’arte. Gli utenti sono sempre a caccia dello scatto dall’estetica perfetta, che spesso trovano tra le mura dei musei. Una tendenza che indubbiamente porta a un aumento dei visitatori e che ha dato vita a una nuova, curiosa, tipologia di musei: quelli «instagrammabili».

Quando il Museum of Ice Cream fu inaugurato a New York, nel non-tanto-lontano 2016, doveva essere solo una moda passeggera. Le pareti dipinte di rosa. I coni gelato appesi come lampade a sospensione. Un'altalena gigante a forma di biscotto gelato. E una piscina piena di zuccherini colorati. Anche i co-fondatori del museo, Maryellis Bunn e Manish Vora, giravano spesso vestiti come bubble gum, quasi fossero in pendant con la mostra. Nel giro di sei anni (e tre sedi in più) il Museum of Ice Cream è diventato un vero e proprio #placetobe su Instagram. Più di 479.000 persone seguono la sua pagina e chissà quante altre hanno pubblicato le proprie foto scattate all'interno dello spazio!

I fondatori però dicono che il loro non è (solo) un museo made-for-Instagram. Eppure, è difficile immaginarlo come qualcosa di diverso, se non una serie di sfondi carini per un selfie da postare sui social. I visitatori hanno a disposizione circa 90 minuti per esplorare il museo. Cosa faresti tu, in quel lasso di tempo? Non scatteresti foto a raffica?

Forse l'obiettivo del Museum of Ice Cream è davvero più ambizioso dell’essere instagrammabile, eppure non si può negare che i social media abbiano giocato un ruolo importante nel suo successo. Così come nell'ascesa di altre installazioni simili, quelle che offrono l’illuminazione e i colori giusti, conditi con una buona dose di fantasia.

quote

Oggi tutto esiste per finire in una fotografia.

Susan Sontag, scrittrice

Il fenomeno dei musei instagrammabili

Visitare un museo nel 21° secolo non significa solo vedere l'arte, ma documentarla e riprodurla. «Non solo fotografano l'arte, ma fotografano sé stessi all'interno di questi spazi», così afferma Jia Jia Fei, fondatrice della prima agenzia digitale per l’arte, che ha tenuto un TED Talk sull’arte ai tempi di Instagram. «Nell'era della fotografia pre-digitale, il messaggio era: questo è quello che vedo. Quello che ho visto. Oggi il messaggio è: io c'ero. Sono venuto, e mi sono fatto un selfie».

Gli obiettivi di queste selfie factories sono ben diversi da ciò a cui siamo abituati. Gli artisti, e i musei che ospitano le loro opere, esistono per suscitare pensieri, porre domande, esplorare il colore, lo spazio, il tempo e gli stati d'animo. Il Museum of Selfies di Hollywood e lo Smile Safari in Belgio, ma anche il Balloon Museum di Roma e la Beautiful Gallery di Bologna, queste installazioni immersive non rientrano nella definizione classica di museo, trattandosi di esposizioni temporanee rivolte principalmente all’intrattenimento del visitatore, manifestando un carattere di tipo commerciale, sì-profit.

Un altro elemento che caratterizza gli Instagram Museum è il target a cui si rivolgono ovvero la generazione dei Millennials, rientrando di conseguenza in quella che viene definita “art for the Instagram generation”. Lo scopo diventa quindi la presenza sul social media. Questo avviene attraverso le interazioni degli utenti con lo spazio espositivo, documentate dalle fotografie pubblicate sui profili Instagram. Osservando gli scatti emerge, infatti, una certa serialità capace di rendere riconoscibili a prima vista gli ambienti del “museo” tanto quanto il logo di un brand.

musei instagrammabili

È questo ciò che oggi definiamo “arte”?

Forse la domanda non è se questi spazi contengano o meno arte, ma invece: cosa otteniamo da questi spazi? Ci fanno pensare, riflettere e vedere il mondo in modo diverso? O l'esperienza all'interno equivale alla foto quadrata 1:1 pubblicata online?

Basta scorrere le recensioni online (lasciate sulle schede Google delle installazioni più famose) per farsi un'idea di ciò che le persone si portano a casa. Utenti che avvertono altri utenti di non aspettarsi più di quanto il museo possa offrire. Tutto molto bello in foto e in video, insomma, ma dal vivo, le stanze possono sembrare in qualche modo unidimensionali, perdono quella sorta di allure.

Occorre piuttosto chiedersi se sia questo il futuro dei nuovi musei. È ancora presto per poter dire di sì: dato il cambiamento in atto nella società contemporanea, sarà solo il tempo a confermare se questa nuova forma di intrattenimento artistico è un fenomeno temporaneo o destinato a durare.

Per ora ci limitiamo ad ammirare come la potenza di un social network abbia influenzato (anche) la modalità di fruizione delle opere artistiche. Arte per i social network o artisti da Instagram?

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