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Migliaia di terminazioni nervose in film metallici sottilissimi: è la e-skin ed è il futuro.

La pelle è il filtro che ci connette con il mondo esterno. Veicola le sensazioni più piacevoli, come una carezza, e ci avverte se qualcosa (dentro di noi) non va, tramite il dolore. La natura si sa, non lascia niente al caso. E neanche la scienza, che sta rendendo reale ciò che finora potevamo solo immaginare: una pelle artificiale in grado di riprodurre tutte queste sensazioni.

La pelle artificiale è meno spessa di un cerotto - molto più simile a un tatuaggio - e si applica con una procedura a caldo. È persino in grado di autorigenerarsi, esattamente come la pelle vera. Insomma, sembra di stare davvero in un film di fantascienza.

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È difficile che la scienza e la tecnologia, nelle loro linee generali, superino la fantascienza. Ma in molti, piccoli e inattesi particolari vi saranno sempre delle sorprese assolute a cui, gli scrittori di fantascienza, non hanno mai pensato.

Isaac Asimov, scrittore

Di cosa è fatta la pelle elettronica?

È l’organo più esteso del corpo umano e allo stesso tempo tanto sottovalutato. Neanche ci si pensa, al fatto che la pelle sia un vero e proprio organo. Come il cuore, i reni, i polmoni.

È robusta, elastica e resistente. Perciò, la pelle artificiale non può essere da meno. Un gruppo di ricercatori della University of Colorado Boulder, che ha recentemente pubblicato uno studio sulla rivista Science Advances si è, dunque, concentrato sull’utilizzo di biomateriali che potessero essere altrettanto performanti.

La flessibilità degli elastomeri - i polimeri elastici - unita all’elettronica dei film metallici e delle nanoparticelle. Tre diverse tecnologie: l’elettronica elastica, i rivestimenti sensibili alla temperatura e le celle elettroniche di memoria, che svolgono il ruolo di un cervello, ovvero conservare e richiamare le informazioni ricavate dagli stimoli esterni.

Il risultato? Un dispositivo tecnologico in grado di aderire al corpo umano, monitorare le funzioni dell’organismo e, rullo di tamburi… anche amico dell’ambiente! Ebbene sì, perché i ricercatori dell’Università del Colorado, per contrastare il problema dei rifiuti elettronici hanno pensato alla poliammina, un materiale ricaricabile, rigenerabile e riciclabile.

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Tutto molto bello ma… perché?

La capacità di ricreare le abilità sensoriali non è l’unica straordinaria caratteristica della pelle elettronica. La direzione che la scienza potrebbe far intraprendere a questa invenzione è quella del monitoraggio del corpo umano. Attraverso il collegamento della pelle artificiale ai dispositivi wearable (gli orologi smart, per esempio), o ad app direttamente scaricabili sullo smartphone, potremmo essere in grado un giorno – forse più vicino di quanto ci immaginiamo – di controllare costantemente il nostro stato di salute.

Il monitoraggio, inoltre, sarebbe in grado di contribuire alla diagnosi di alcune malattie grazie a particolari sensori in grado di rilevare le variazioni di concentrazione di sostanze che fungono da campanello d’allarme.

Dimentichiamoci, quindi, degli orologi che percepiscono i battiti cardiaci. Presto saranno preistoria

Sempre più connessi: tra medicina e robotica

Sulla carta, il fine sembra essere nobile. Come sempre però, quando si parla di innovazione tecnologica, il dibattito è dietro l’angolo. In questo caso, sono diverse le implicazioni etiche che vanno a intrecciarsi. Privacy, Big Data, e Intelligenza artificiale, tutte facce della stessa medaglia. La controversia parte da una domanda: è giusto che la scienza si spinga così tanto nel campo di competenza della natura? Quali possono essere le conseguenze di questa – straordinaria ma altrettanto spaventosa – scoperta scientifica?

Il fatto è che la pelle artificiale, sempre più simile a quella organica, non fa altro che connetterci in modo così stretto e viscerale al virtuale. E se uno degli scenari che la scienza ci pone di fronte è quello della terapia digitale, l’altro non può che essere quello della robotica.

Ma quale delle due si realizzerà per prima? 

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