Forse è già tardi per agire, ma bisogna assolutamente farlo. In occasione dell’Earth Day, facciamo una riflessione su quali sono gli scenari che si prospettano nei prossimi anni, dal più favorevole alle catastrofi.
Siamo in corsa contro il tempo, ma questa crisi, lo diciamo subito forte e chiaro, non è inesorabile. Può essere ancora contrastata, anzi, lo stiamo già facendo, ma non bene come dovremmo: le azioni dei governi sono troppo lente.
Dopo aver tracciato le basi scientifiche del cambiamento climatico e del suo avanzamento, il nuovo rapporto dell’IPCC, il panel scientifico delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, mette nero su bianco le possibili soluzioni di contrasto e mitigazione. Si tratta della terza e ultima parte del sesto rapporto, che si concentra sui tagli alle emissioni di gas serra: cosa è successo fino ad oggi? Cosa è necessario da qui in poi?
Questo terzo e ultimo capitolo del rapporto è certamente quello con le maggiori implicazioni dal punto di vista politico, economico e strategico, perché fornisce un indirizzo di quello che le politiche nazionali e internazionali dovrebbero realizzare per contenere i peggiori impatti della crisi climatica e, quindi, disegna la roadmap mondiale per le emissioni da gas serra dei prossimi decenni.
Quello che sappiamo è che le attuali emissioni climalteranti devono essere assolutamente dimezzate nei prossimi otto anni, quindi entro il 2030, per poter contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C. Per ridurre al minimo le conseguenze più disastrose dei cambiamenti climatici, le emissioni globali di gas serra dovrebbero poi arrivare quasi a zero intorno al 2050.
Ci troviamo davanti a un bivio: abbiamo tutti gli strumenti e le conoscenze per ridurre almeno del 50 per cento le emissioni entro il 2030. Questo, però, richiederà rapide, profonde e immediate trasformazioni nel settore energetico, una sostanziale riduzione del consumo di combustibili fossili, elettrificazione diffusa, maggiore efficienza energetica e uso di combustibili alternativi.
Hoesung Lee, Presidente dell'Ipcc.
Cosa accadrà se non lo faremo? Dall’aumento dei flussi migratori alla perdita di biodiversità, dall’aumento della povertà alla maggiore frequenza e intensità delle ondate di calore. E ancora, scarsità della produzione agricola e delle risorse idriche, maggiore frequenza e intensità delle inondazioni, fino alla messa in discussione della vita umana sul Pianeta, nello scenario peggiore.
Con un riscaldamento globale di 1,5°C, nei prossimi due decenni il mondo affronterà molteplici rischi climatici inevitabili. Anche il superamento temporaneo di questo livello di riscaldamento provocherà ulteriori gravi impatti, alcuni dei quali saranno irreversibili. Aumenteranno i rischi per la società, inclusi quelli relativi a infrastrutture e insediamenti costieri.
Hoesung Lee, Presidente dell'Ipcc.
Dimezzare le emissioni entro il 2030. Mission (im)possibile?
Ma non tutti gli impatti più estremi sono inevitabili. Con un’azione rapida per abbattere le emissioni, possiamo limitarne la frequenza e la gravità. I prossimi anni saranno cruciali. Ecco perché il momento di agire prima che sia troppo tardi è ora. Abbiamo molti modi per migliorare le nostre possibilità di successo e in tutti i settori sono disponibili opzioni che possono almeno dimezzare le emissioni entro il 2030.
L’Ipcc li ha messi nero su bianco, punto per punto:
Insomma, c’è ancora tempo per cambiare le cose. Oltre alle azioni che devono intraprendere necessariamente i governi, anche noi possiamo - e dobbiamo - contribuire con uno stile di vita più attento al clima. Purtroppo non tutti sanno davvero quale è la posta in gioco, per cui uno dei primi compiti è dare il nostro esempio, diffondendo abitudini amiche del Pianeta, e parlandone!
Tutti insieme possiamo provare a cambiare il futuro.