“Ma i 70 anni di oggi sono i 60 di dieci anni fa!”. Tutti, almeno una volta, abbiamo usato questo amabile passe-partout dialettico per consolare chi festeggia compleanni importanti.
Ma, in effetti, ha ancora senso parlare di anziani? Si vive e si lavora più a lungo e le percezioni, giustamente, evolvono. La definizione stessa del concetto di anzianità è complessa, sebbene per definizione sia associata al superamento del 65esimo anno di età. Esistono ovviamente sottogruppi e differenze nette legate, oltre agli anni sui documenti, alle condizioni di salute, alle risorse disponibili e alla dipendenza (o meno) dagli altri.
La proposta di aggiornare il concetto torna ciclica ma poi bisogna tenere conto di alcune variabili: è risaputo che le aspettative di vita cambiano, e molto, a seconda dei contesti locali. I paesi avanzati, anche in questo senso, fanno una gara a parte.
Ma, oltre i fattori demografici ed epidemiologici, c’è un altro grande tema che, almeno da profani, ci aiuta a valutare l’approccio alla vita degli adulti anziani attorno a noi: il rapporto con la tecnologia.
La tranquillità è il cuscino più soffice per il capo della vecchiaia
Thomas Jefferson, lettera a William Short
Anziani e internet: andare oltre i pregiudizi
Il cliché stereotipato vede l’over 65 non del tutto a suo agio con la tecnologia, con un limitato know how e una generale forma di resistenza al costante flusso di nuovi prodotti e servizi innovativi. In nome di questo paradigma, figli e nipoti, di contro, si sentono giovani e utili, pronti a fare da mediatori e a sopportare una legittima quota di ignoranza.
Ma sarà vero?
Non del tutto, almeno a giudicare dai video che vedono protagonisti gli anziani su TikTok, che li mostrano a loro agio proprio come i migliori rappresentanti della Gen Z. E che dire di Twitch e YouTube? Alcuni famosi gamer internazionali addirittura rientrano nel target dei grandi vecchi (85-99 anni). Non a tutte le latitudini, insomma, si passa il pomeriggio sul divano, tra un servizio di cronaca nera e le ultime novità da Buckingham Palace.
Ma se queste eccezioni al canone sono così lampanti, come succede a un livello più ordinario e medio?
Sul fronte italiano, la pandemia ha rappresentato un elemento di stimolo per i nostri anziani. Se per lungo tempo una limitata fascia di popolazione poteva rinfacciare a tutte le altre di “non aver vissuto la guerra”, oggi almeno una pandemia l’abbiamo fatta tutti.
I rispettivi rappresentati di diverse generazioni hanno preso parte a tante call per sentirsi, nelle fasi più dure degli ultimi due anni mezzo, “distanti ma uniti”.
Come confermava il 17esimo Rapporto Censis sulla comunicazione, la pandemia ha accorciato le differenze generazionali. Gli over 65 si sono connessi di più, l’uso di internet è passato dal 42 al 51,4 per cento, e anche i social hanno intercettato questo accresciuto bisogno di esserci: gli utenti anziani delle piattaforme sono passati dal 36,5% al 47,7%. L’istituto di ricerca socioeconomica afferma che il bisogno di mantenere un contatto con i propri cari “deve aver giocato un ruolo non indifferente nella confidenza acquisita con la rete degli ultrasessantacinquenni”.
Innovazione e tecnologia non servono solo per diletto, ma anche per vivere meglio la dimensione del quotidiano sotto diversi aspetti, dai consumi alla gestione della salute e del benessere. Il report Umanesimo Digitale, stella polare della ripresa di Deloitte, presentato all’Innovation Summit 2020, indicava che il 59% dei pensionati (quindi molti over 65) ha realizzato attraverso l’emergenza sanitaria che le innovazioni digitali non sono difficili da utilizzare. E in Italia questo sentimento, afferma l’analisi, è più forte che in altri paesi della Ue.
Nel mutato quadro della pandemia, che li ha allontanati fisicamente dalle famiglie, ma anche da alcune abitudini legate alla prossimità, gli anziani hanno trovato quindi uno stimolo a usare meglio gli strumenti tecnologici. E la capacità di reagire e adattarsi è, a suo modo, simbolo di duttilità, flessibilità e voglia di sfidare alcune logiche. Caratteristiche attribuite ai giovani, insomma. Ma ampi margini restano: basti pensare che, indagando i principali device per le attività online, gli over 65 sono ancora molto ancorati al pc per navigare sui siti di shopping, fare acquisti e ricerche online. Molte praterie, anche sul fronte dei consumi intellettuali, restano da percorrere: presso gli over 65 è cresciuta in modo rilevante la penetrazione dei servizi Vod (video on demand), segnalava la Digital Consumer Trends Survey 2021 di Deloitte.
Insomma, gli anziani ci provano, spinti da necessità, curiosità e dalla consapevolezza che spesso l’alternativa non c’è: se un servizio è migrato in digitale, meglio adeguarsi. That’s life.