Giovani hikikomori e ansia sociale: la cura con la realtà virtuale
di Redazione 16 Giugno 2023 •
di Redazione 16 Giugno 2023 •
In Italia ci sono 100.000 hikikomori. Eh no, non stiamo parlando di una strana ricetta di origine orientale, bensì di un fenomeno – o meglio di una vera e propria sindrome - che nell’ultimo periodo sta preoccupando moltissimi genitori. Infatti, con il termine hikikomori indichiamo giovani ragazzi che preferiscono trascorrere le proprie giornate chiusi nella loro cameretta piuttosto che uscire e socializzare.
Coloro che si ritirano completamente dalla società e rimangono nelle proprie case per più di sei mesi, con esordio verso la seconda metà dei vent'anni, e per i quali altri disturbi psichiatrici non spiegano meglio le cause primarie di questa condizione
prima definizione di “hikikomori” dello psichiatra T. Saito
Questi numeri crescenti – raccolti dall’Associazione Hikikomori Italia - stanno portando la società a dare la colpa di questo “isolamento volontario” alla tecnologia, in particolare ai videogiochi. Ma se non fosse davvero così?
Dal Giappone al mondo, l’(auto)reclusione degli hikikomori
Una vita in letargo, lontani dal mondo esterno. Per gli hikikomori sarebbe un sogno. Il termine hikikomori significa letteralmente “stare in disparte” (da hiku “tirare” e komoru “ritirarsi”). Questa definizione nasce in Giappone tra gli anni '80 e '90, ma è solo nel 2010 che uno studio rivela che l'1,2% della popolazione giapponese è coinvolta da questo fenomeno. Solo 6 anni dopo, gli hikikomori erano diventati più di mezzo milione, tutti giovani tra i 15 e i 39 anni.
Fu proprio il governo giapponese che pubblicò le prime linee guida sulla sindrome da hikikomori, che ne evidenziavano le caratteristiche:
Inizialmente, si riteneva che questa sindrome fosse circoscritta all’arcipelago nipponico, quasi come se fosse una derivazione culturale. Sorpresa delle sorprese, questa convinzione fu smentita molto presto: solo qualche tempo dopo si scoprì che in realtà riguarda tutte le società del mondo occidentale.
Non per niente, in Italia l’87,85% delle famiglie che ha partecipato al sondaggio dell’Associazione Hikikomori Italia, dichiara di avere almeno un figlio in isolamento sociale volontario. I dati inoltre rivelano che l'età media nazionale di hikikomori è 20 anni, con i primi sintomi che si manifestano già attorno ai 15 anni.
Il misterioso caso degli hikikomori: tra ansia sociale e avventure digitali
Come si comportano i giovani hikikomori? Si isolano completamente dalla realtà, trascorrendo la maggior parte del tempo in solitudine, spesso immersi nell'universo digitale. Ma la domanda che sorge spontanea è: cosa spinge questi "eremiti moderni" a chiudersi nel loro guscio? Le cause sono varie e complesse, ma tra le più comuni troviamo stress, ansia sociale, pressione familiare e scolastica, o semplicemente una fuga dalla noia e dalla monotonia quotidiana.
E proprio qui entrano in gioco le nuove tecnologie, in grado di catapultarli in una dimensione alternativa e accattivante, in cui sentirsi padroni del proprio destino. Le piattaforme digitali, i social e i videogiochi offrono infatti un senso di appartenenza, di successo e di controllo che, per quanto illusorio, aiuta ad attenuare l'angoscia e il disagio di questi giovani. E così, tra una partita a Fortnite e un giro su TikTok, gli hikikomori finiscono per rifugiarsi sempre più nel loro mondo virtuale, dimenticandosi che fuori c'è un intero universo di esperienze da vivere e condividere.
E se la soluzione a quest’ansia sociale fosse proprio sotto il naso degli hikikomori? Recentemente, gli scienziati hanno scoperto che la tecnologia e la realtà virtuale, spesso viste come nemiche della socializzazione, possono diventare validi alleati nella lotta contro ansie e fobie.
Per esempio la VR, grazie alla sua capacità di creare ambienti sicuri e controllati, consente di “esercitarsi” in diverse situazioni, sociali e non, imparando a gestire le proprie emozioni, paure e sviluppando nuove abilità comunicative.
Un altro esempio lampante di questa rivoluzione terapeutica è proprio Pokémon Go! Sì, proprio quel gioco che ha spopolato qualche anno fa, che ha spinto migliaia di persone a uscire di casa per catturare simpatici mostriciattoli virtuali. Come è possibile? Uno studio del 2022 ha evidenziato come la promozione di interazioni sociali e il contatto con la natura offerti dal gioco abbiano aiutato a diminuire i sintomi depressivi dei gamer. E così, senza nemmeno rendersene conto, gli hikikomori hanno potuto vivere esperienze sociali gratificanti e conquistare la loro indipendenza emotiva, Poké-ball dopo Poké-ball.