Il mondo digitale è come una gigantesca metropoli: ha infiniti parchi giochi, attrazioni ma anche bassifondi e zone pericolose, che spesso non ci appaiono a meno che non le andiamo a cercare, oppure che non ci capitiamo per caso. Per questa ragione, la sua mappa è impossibile da disegnare.
Ecco perché educatori, genitori e insegnanti sono giustamente preoccupati dalle insidie del mondo digitale e possono avere difficoltà a far comprendere alle persone più giovani quanto sia importante fare attenzione quando si naviga senza l’assistenza di un adulto.
I pro e i contro del digitale: tra pericoli e opportunità
Se per molto tempo abbiamo considerato il digitale come poco importante nel percorso di educazione - proprio perché invisibile e intangibile - oggi stiamo realizzando che proprio da ciò che supera la realtà fisica possono arrivare pericoli di ogni tipo. Come si può, allora, educare al digitale in modo equilibrato?
Il mondo digitale, infatti, è tanto pericoloso quanto importante nella scoperta di ciò che accade, nella ricerca autonoma e addirittura nella costruzione della propria identità personale. Non si può semplicemente vietare, al contrario chiede di riconoscere i pericoli che possono venire dall’esterno, ma anche le conseguenze delle proprie azioni.
Guidare i giovani attraverso i labirinti digitali
Prima di tutto, dunque, è importante che le persone adulte con una funzione educativa siano informate sui luoghi digitali frequentati da bambini/bambine e ragazzi/ragazze e che conoscano i loro personaggi di riferimento. Spesso, infatti, le nuove tecnologie o i nuovi luoghi - metaversi, nuovi social network o prospettive come realtà virtuale e realtà mista - vengono semplicemente respinti con inquietudine, anziché conosciuti nella loro complessità.
È importante, invece, andare in fondo all’inquietudine e fare esperienze dei nuovi luoghi che possono catturare l’attenzione - e quindi le emozioni e il tempo - delle persone giovani, per capire insieme a loro cosa può venire di buono e quali sono invece i pericoli di quella realtà. Attraverso il dialogo, è possibile acquisire le competenze tecniche ed esistenziali per attraversare gli sterminati territori in cui ci si può ritrovare, e eventualmente accorgersi che certi luoghi e certi comportamenti sono pericolosi oppure rappresentano una dispersione di tempo e energie.
A questo proposito, è utile recuperare la nozione di phàrmakon, vox media che indica al tempo stesso veleno e rimedio. Il digitale è allo stesso tempo un veleno e un rimedio per una serie di interrogativi e necessità umane, dunque, educare al digitale significa accompagnare nel riconoscerne le potenzialità di tossicità e cura.
Questo approccio è stato al centro della seconda edizione di “Note per crescere”, l’evento organizzato da Zecchino d’Oro con CoopVoce per promuovere l’educazione al digitale a cui abbiamo partecipato lo scorso 26 febbraio con Silvia Grassi, Marinella Oliva e Laura Alaimo di Parole o Stili.
Il messaggio fondamentale che l’evento ha voluto trasmettere è che il digitale rappresenta un’abitudine quotidiana a cui ci si avvicina in età sempre più precoce, e che spesso gli adulti non riescono ad accompagnare i giovani nella scoperta, trovando un equilibrio tra limitazioni all’uso e acquisizione delle competenze. Tale equilibrio è possibile solo tenendo insieme la consapevolezza sulle sue insidie e la meraviglia di ciò che attraverso la tecnologia è possibile scoprire, creare e conoscere.