Il latte dei sogni, una dietrologia della Biennale di Venezia 2022

di Redazione 29 Aprile 2022 •

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«Un mondo magico nel quale la vita è costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé». Cecilia Alemani, prima donna italiana a curare la Biennale d'Arte che si svolgerà a Venezia dal 23 aprile al 27 novembre 2022, riflette su questo tempo moderno. Anche a partire dal corpo.

Tra il Padiglione Centrale ai Giardini, l’Arsenale e il centro storico di Venezia. Dei 213 artisti coinvolti – provenienti da 58 nazioni diverse e dei quali 180 non hanno mai partecipato alla Biennale prima d’ora – l’80% sono presenze femminili. 1433 le opere e gli oggetti esposti, 80 le nuove produzioni. Tre aree tematiche: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; la relazione tra gli individui e le tecnologie; i legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra.

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Come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le differenze che separano il vegetale, l’animale, l’umano e il non-umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, delle altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?

Cecilia Alemani

La Biennale di Cecilia Alemani ribalta ogni aspettativa e convenzione. È fisica, concreta, oggettuale. Dopo anni vissuti attraverso uno schermo (fun fact, anche la stessa Mostra è stata organizzata a distanza), parla a tutti noi e ci ricorda che, «in quanto corpi mortali, non siamo né invincibili né autosufficienti, piuttosto parte di un sistema di dipendenze simbiotiche che ci legano gli uni agli altri, ad altre specie e all’intero pianeta». 

Il mondo magico di Leonora Carrington

May you live in interesting times. Una frase a lungo attribuita a un’antica maledizione cinese, da interpretare come un augurio ironico che auspica periodi di incertezza, crisi e disordini. Un’atmosfera oscura, apocalittica, horror. Col senno di poi, una scelta a dir poco azzeccata. L’ultima Biennale prima della pandemia è stata curata da Ralph Rugoff, direttore della Hayward Gallery di Londra. 

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Che quella di Alemani vada in direzione completamente opposta, lo si può già intuire dal titolo. Il latte dei sogni. Bianco come la luce, simbolo della rinascita. C’è tutto un immaginario più morbido, come a voler generare un po’ di speranza e di leggerezza dopo questo periodo difficile per tutti. Il tema principale della Mostra prende spunto da un libro di Leonora Carrington, una lettura pensata per bambini. Un libricino di favole misteriose, raccontate in uno stile onirico, che immaginano un mondo libero e pieno di infinite possibilità.

Leonora Carrington è un’artista fondamentale del Surrealismo. Quando le veniva chiesto della sua infanzia, rispondeva che era stata costruita dall’incontro tra sua madre e una macchina. È interessante come nella sua opera l’idea della “macchina” fosse già una preoccupazione importante. Ecco perché Cecilia Alemani ha valuto usare proprio la figura della Carrington come compagna di viaggio, anche - e soprattutto - per riflettere sulla tecnologia e su come cambia i nostri corpi.

Cecilia Alemani e la sua Biennale dei sogni

La Biennale d’Arte 2022 non parlerà del cambiamento climatico e nemmeno della situazione politica globale. Non sarà quel tipo di mostra in cui i partecipanti denunciano in modo diretto e documentaristico i problemi di oggi. L’artista contemporaneo, nella visione di Alemani, è quella persona che, grazie al potere dell’immaginazione, è capace di mostrare quello che ci circonda come se lo guardassimo attraverso delle lenti diverse.

Il latte dei sogni vuole essere un insieme di opere che in qualche modo rispondano alle contraddizioni che stiamo vivendo. Da un lato le promesse della scienza e della tecnologia, la fiducia nell’idea di progresso; dall’altro la paura di una presa di controllo totale attraverso l’intelligenza artificiale. Una polarità che si è acutizzata da quando ci siamo resi conto che, di fronte a una forza invisibile come quella del virus, i corpi non sono immortali, sono fragili, e di quanto la mediazione degli schermi sia diventata indispensabile nelle relazioni più umane.

 

Una fantasticheria post-umana, un mix tra naturale e meccanico. È lo scarto a cui assistiamo in modo profondo proprio adesso, ma è una preoccupazione che gli artisti e le artiste affrontano da tantissimo tempo. “Come vivremo assieme?”. Anche il titolo della 17° Mostra Internazionale di Architettura curata da Hashim Sarkis pone una domanda. Due scelte frutto dei tempi correnti privi di certezze che caricano l'umanità di immense responsabilità.

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