Crisi climatica: la febbre della Terra si misura sulle vette
di GreenMe 12 Dicembre 2022 •
di GreenMe 12 Dicembre 2022 •
Ci sono territori in cui possiamo accorgerci prima che in altri luoghi del cambiamento climatico in atto. Per capirlo basta salire su un ghiacciaio, a partire da quelli a noi più vicini. Quest’estate abbiamo assistito a immagini surreali, come quelle del Re Ortles, la vetta più alta del Trentino-Alto Adige, totalmente spoglio e verdeggiante all’inizio di luglio. E come dimenticare l’enorme tragedia sulla Marmolada?
Purtroppo l’entità della fusione dei ghiacciai alpini non ha eguali negli ultimi 10.000 anni. Un recente studio del CNR, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Climate Dynamics, ha illustrato l’evoluzione di tutti i circa 4.000 ghiacciai alpini su un arco temporale di 200 anni, a partire dal 1901 fino al 2100. Questo studio ci mostra quanto le nostre sentinelle “bianche” siano “malate” oggi. E anche quanto lo saranno nei prossimi anni.
Il fragile equilibrio dei ghiacciai
La ELA (Equilibrium-Line Altitude ), così si chiama la linea di equilibrio dei ghiacciai, dipende strettamente dai parametri climatici (temperature estive e precipitazioni invernali) e identifica la quota che separa la zona di accumulo di un ghiacciaio, quella cioè che alla fine dell’estate preserva parte della neve caduta nel corso dell’inverno precedente, e la zona di ablazione, dove invece la neve invernale sparisce completamente a causa del caldo estivo e riduce così anche il ghiaccio più antico.
«La ELA, ben visibile anche dai dati da satellite, è un termometro diretto dello stato di salute di un ghiacciaio in relazione al clima. Se il clima cambia, la ELA si modifica alzandosi o abbassandosi di quota. Meno neve durante l’inverno e più caldo in estate portano la ELA ad altitudini troppo elevate: se va a collocarsi sopra la quota più alta occupata da un ghiacciaio, questo è destinato a scomparire, in quanto non potrà più godere della sostituzione del vecchio ghiaccio con quello nuovo», spiega Renato R. Colucci, ricercatore del Cnr-Isp, a capo del team di ricerca e ideatore di questo lavoro assieme a Manja Zebre, Marie Curie alla Aberystwyth University e prima autrice.
Sappiamo esattamente cosa accadrà nei prossimi anni se le conseguenze del cambiamento climatico, a partire dalle ondate di calore, non saranno fermate.
«A seconda dello scenario che si verificherà, la ELA salirà in misura diversa, con una forte e drastica riduzione del volume e della copertura di ghiaccio sulle Alpi. Nel più ottimistico degli scenari di circa 100 m, nello scenario intermedio di 300 m e in quello più estremo di 700 m. Questi dati significano che da qui al 2100 potrebbe rispettivamente scomparire il 69%, l’81% o il 92% dei ghiacciai alpini», conclude Colucci. «In ogni caso, il totale disequilibrio con il clima dei ghiacciai attualmente localizzati al di sotto dei 3500 m di quota sulle Alpi, porterà comunque alla loro quasi totale scomparsa nel giro dei prossimi 20-30 anni».
Per arrivare a queste conclusioni gli scienziati si sono serviti delle tre proiezioni di emissioni di gas serra (Rcp) normalmente usate per riprodurre gli scenari di cambiamento climatico possibili in base alle scelte che saranno intraprese nell’immediato futuro: gli Rcp 2.6, 4.5 e 8.5, protezione del clima con fine delle emissioni di gas serra entro 20 anni, entro 50 anni e nessuna protezione del clima con emissioni che proseguono incontrollate.
Perché lo scioglimento dei ghiacciai riguarda tutti?
La situazione, purtroppo, è drammatica in tutto il mondo, non solo sulle Alpi. L’UNESCO e lo IUNC, in un rapporto congiunto diffuso recentemente, hanno stilato la tristissima lista dei ghiacciai più famosi e suggestivi del mondo che rischiano di scomparire quasi del tutto entro il 2100 in uno scenario di emissioni normali: si tratta del 50% dei ghiacciai patrimonio dell’umanità, come quelli ospitati nei parchi statunitensi di Yosemite e Yellowstone, quello del Kilimangiaro (Tanzania).
Quando i ghiacciai si sciolgono rapidamente, milioni di persone affrontano la scarsità d'acqua e l'aumento del rischio di disastri naturali come le inondazioni, e altri milioni potrebbero essere sfollati a causa del conseguente innalzamento del livello del mare. Questo studio evidenzia l'urgente necessità di ridurre le emissioni di gas serra e investire in soluzioni basate sulla natura, che possono aiutare a mitigare il cambiamento climatico e consentire alle persone di adattarsi meglio ai suoi impatti.
Dott. Bruno Oberle, Direttore Generale dell'IUCN.
I ghiacciai si salvano solo stabilizzando il clima del pianeta, non esistono scorciatoie. I più recenti studi hanno mostrato che se non limiteremo le emissioni di gas serra in atmosfera nei prossimi decenni, i ghiacciai alpini saranno quasi del tutto scomparsi entro la fine del secolo. Questo non significa che non c’è più nulla da fare, anzi. Gli stessi studi sottolineano che se saremo capaci di ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili e contenere l’incremento delle temperature planetarie entro i 2 °C rispetto al periodo preindustriale (accordo di Parigi), salveremo il 40% del ghiaccio oggi presente sulle Alpi.