Radio: sostantivo digitale presente. Il loro futuro è il web?
di Redazione 13 Febbraio 2023 •
di Redazione 13 Febbraio 2023 •
Pensiamo alla rivoluzione che hanno portato le piattaforme di streaming nel nostro modo di ascoltare la musica; pensiamo alla scoperta, recentissima, che ci piace moltissimo ascoltare i podcast (e siamo sempre più propensi a farlo). Ebbene, un ascoltatore di radio direbbe: nulla di nuovo sotto il sole. Infatti, cos’altro sono i podcast se non un’evoluzione delle rubriche radiofoniche di approfondimento, con la differenza che si possono ascoltare dove e quando si vuole attraverso una connessione a Internet?
Una cuffia a me, e una a te
A pensarci forse la vera grande differenza di questi tempi, per chi ascolta, sta tutta nella possibilità di godere della propria musica e dei propri programmi preferiti in ogni momento. Non che la radio abbia mancato di adattarsi fin dall’avvento di Internet, anzi: il giornale radio RAI è disponibile in Rete dal lontano 1996; ma allora per ascoltare una playlist si compravano musicassette a nastro o i più pratici CD-Rom, e questo era il massimo dell’esperienza on demand. La possibilità di fruire contenuti audio su richiesta definisce in partenza una dimensione di ascolto individuale, non collettiva come quella della radio.
Prima che si diffondessero altri mezzi di comunicazione di massa, come la televisione, la radio svolgeva anche una funzione aggregativa. Le persone si trovavano a casa propria o nei luoghi pubblici ad ascoltare insieme il radiogiornale, le rubriche e le cronache sportive, i dibattiti politici e sociali, i programmi di intrattenimento, la musica per ballare. Per molte persone la radio è stato anche uno strumento di emancipazione culturale grazie ai programmi educativi che portavano la scuola nelle case di tutte le famiglie.
La radio tocca tutti intimamente e personalmente: il suo aspetto più immediato è un’esperienza privata
Marshall McLuhan
Quel tipo di funzione aggregativa esiste ancora nelle comunità di radioascoltatori nate al seguito di certi programmi, o del carisma di certi speaker radiofonici, e – provare per credere - crea un fortissimo senso di appartenenza. Il bello della radio, e di certe trasmissioni di lungo corso, è proprio questo: “vengono fatte” dalle persone che la ascoltano e che intervengono durante il programma, condividendo un’opinione, un commento, un’esperienza. Tanto chi è al primo ascolto quanto i più affezionati possono rispecchiarsi nel programma e dare un contributo. A volte, ad ascoltare certa radio, si sente aria di famiglia.
Oggi poi è possibile ascoltare la radio praticamente da qualsiasi fonte: sulla tv, sul pc, sullo smartphone, dagli altoparlanti nei negozi, nelle stazioni, nelle sale d’aspetto. Con il passaggio dall'analogico al digitale sono nate le web radio, le stazioni radio televisive e le dirette radiofoniche sui social; in più, si sono moltiplicate le possibilità di relazionarsi con le comunità di ascoltatori in modi diversi.
Insomma, tutto ciò di fatto ha esteso le possibilità della radio, ma non ne ha modificato il nucleo principale: al microfono parla una voce amica e umana, che buca la “bolla” di intimità entro cui viviamo facendoci sentire meno soli, grazie anche alla musica.