Google, la pubblicità è l’anima dell’informazione?

di Wired 28 Settembre 2022 •

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La missione di Big G è organizzare le informazioni e renderle accessibili a miliardi di persone. Un obiettivo ambizioso che evolve e vede anche cambiare, nel tempo, le regole per inserzionisti ed editori. Ecco perché!

In un mondo confuso e complesso una certezza c’è: avete googlato ieri, oggi e, probabilmente, lo farete anche domani. Forse per informarvi, scacciare un dubbio, approfondire un tema o magari per fare un acquisto. Ma, a differenza di altre aziende, scommettiamo che non avete mai cliccato sul Chi siamo di Google, la sezione dove l’azienda racconta la sua mission. Dopotutto, Googlenon serve forse a googlare?

Ok Google, chi è?

Come sempre, le questioni sono un po’ più complesse: come dichiara l’azienda, infatti, «la nostra missione è organizzare le informazioni a livello mondiale e renderle universalmente accessibili e utili». 

Nell’immaginario di miliardi di persone, Googleè principalmente il suo motore di ricerca. Ma i prodotti che afferiscono alla sua galassia sono molti e diversi: dagli strumenti per l’istruzione ai dispositivi per la casa connessa, dai tool per esplorare il mondo (Maps, Earth) a quelli per creare.

Tuttavia, organizzare le informazioni e renderle accessibili a miliardi di persone è evidentemente, più di altre cose, un grande potere. E da grandi poteri derivano grandi responsabilità.

Il rapporto tra Google e gli utenti è di fatto strutturato come una grande interrogazione (o query, che dir si voglia). Noi googlers chiediamo e Google risponde: gli algoritmi della ricerca, lo spiega l’azienda, valutano diversi fattori e indicatori per fornire le informazioni utili, dalle parole usate alla posizione di chi googla, dalla pertinenza all’usabilità delle pagine. E naturalmente il contesto che influenzerà le risposte: una stessa ricerca potrà dare risultati diversi a seconda di dove vi troviate nel mondo. 

Google, una biblioteca sui generis

Sebbene tra ricerche e indicizzazione dei risultati la metafora corra spesso al concetto di biblioteca, la più grande di fatto di quelle disponibili al mondo, riesce difficile pensare a una biblioteca con un volume di affari da 257,6 miliardi di dollari.

quote

È difficile concepire l'Internet che conosciamo oggi - con informazioni su ogni argomento, in ogni lingua, a portata di mano di miliardi di persone - senza la pubblicità come base economica.

David Temkin, Senior Director of Product Management, Ads Privacy and Trust Google

Questa è la cifra riportata, da Alphabet,la holding a cui Google fa capo, lo scorso anno. Nel quarto trimestre i ricavi (75 miliardi) erano in crescita del 32% rispetto all’annata precedente: il Ceo Sundar Pichai ribadiva l’importanza della forte crescita del business legato all’advertising «che ha aiutato milioni di aziende a prosperare e trovare clienti». Ruth Porath, Chief financial officer, a sua volta sottolineava che i ricavi del quarto trimestre riflettevano «un'ampia forza nella spesa degli inserzionisti e nella forte attività online dei consumatori».

Insomma, sembrano davvero lontani i tempi in cui il New York Times pubblicava, nel 2002, un articolo dal titolo Google's Toughest Search Is for a Business Model “La ricerca più dura di Google è quella di un business model”, chiedendosi: «Google può creare un modello di business anche lontanamente valido quanto la sua tecnologia?».

google e pubblicità

La potenza della pubblicità su Google

La pubblicità insomma è l’anima del commercio, ma anche l’anima di Google in quanto «creare un'esperienza pubblicitaria affidabile è fondamentale per il raggiungimento del nostro obiettivo di fornire informazioni utili e affidabili per le persone di tutto il mondo». Tuttavia, gli aspetti da disciplinare sono tanti, spesso critici.

Nell’ottobre 2021, Google ha annunciato una nuova politica che vieta gli annunci e la monetizzazione di contenuti che contraddicono il consenso scientifico consolidato sull’esistenza, e le cause, del cambiamento climatico. Un numero crescente di inserzionisti non volevano vedere i propri annunci apparire accanto a determinate tipologie di contenuto. E creator ed editori non gradivano la presenza di contenuti che sponsorizzano questo tipo di affermazioni sulle loro pagine.

Nel suo Ads Safety Report 2021, l’azienda sottolineava come lo scorso anno ha aggiunto o aggiornato oltre 30 norme per inserzionisti e editori, tra cui, appunto, quella sul cambiamento climatico. Nello stesso anno, ha rimosso oltre 3,4 miliardi di annunci e sospeso oltre 5,6 milioni di account di inserzionisti, bloccando inoltre la pubblicazione di annunci su oltre 1,7 miliardi di pagine di publisher.

Insomma, le entrate pubblicitarie possono impattare negativamente: se i siti che diffondono fake news o dati imprecisi sul clima, ad esempio, ottengono molte entrate pubblicitarie, potranno di conseguenza pubblicare più contenuti e quindi favorire, in un circolo estremamente vizioso, più disinformazione.

Gli utenti non possono sottovalutare tutte queste dinamiche quando approcciano l’enorme mole di informazioni a disposizione online. Devono restare vigili e, al tempo stesso, aggiornarsi sui tentativi che la stessa Google promuove per correggere un sistema che, come visto, non è privo di punti di domanda e riflessione.

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